venerdì 9 marzo 2018

altro soggettone da tenere docchio

 
 
Ecco in pillole il programma elettorale di Berlusconi, Salvini e Meloni
 
Particolare enfasi sociali nella coalizione liberale e popolare di centrodestra. E‘ indicato un obiettivo ambizioso (realistico?): ”Azzeramento della povertà assoluta con un grande Piano di sostegno ai cittadini italiani in condizione di estrema indigenza”. Si accenna anche a un ”aumento” (senza numeri) ”delle pensioni minime“ e ”pensioni alle mamme”. Non solo: si promette un ”raddoppio dell’assegno minimo per le pensioni di invalidità e sostegno alla disabilità”.

Reddito di dignità: la proposta di Silvio Berlusconi contro la povertà

Sotto i 1000 euro non si dovranno pagare le tasse. Lo Stato interverrà per portare il reddito mensile al livello di dignità stabilito dall'Istat. Ecco come funziona il Reddito di dignità di Silvio Berlusconi e perché è diverso dal Reddito di cittadinanza.
 
cioè ..quando si dice che dicono una roba e ne fanno un altra.............diocane ma che cazzo cianno nella crapa i cretini che anno votato questi qui..........................................
 
 
 
oggi alla tivi cera questo ridicolo faccia di cazzo.Risultati immagini per mughini giampierointervistato come opignion lider politico
dalla solita leccaculo mirta merdina...............tifava per renzi e il pd...........
tra le altre cazzate sparate a raffica che solo una testa di cazzo come sgarbi e la santanchè possono
 farci concorrenza
 
a' detto che le 5 stelle sono dei ignoranti e che quando era andato a sentire u raduno della democrazia cristiana in cui tra i altri parlavano pomicino, de mita e gava
 
era stato un piacere per i occhi e per lintelligenza
 
 
ma ci rendiamo conto che genti invitano le tivi di regime per influenzare i genti senplici del popolino
questo cretino se avesse avuto davanti un giornalista vero sarebbe stato deriso e buttato fuori dal studio a calci in culo...anzi...un giornalista vero non lo inviterebbe mai in un toc scio'....
 
 
 
 
 
Cirino Pomicino
cirinopomicino42 processi ma solo 2 condanne, un classico dei faticosi iter giudiziari che coinvolgono i nostri politici, salvati sempre per il rotto della cuffia da depenalizzazioni e prescrizioni. Cirino Pomicino, con quel nome da fiaba dei fratelli Grimm è la quintessenza dell’intrallazzone della Prima Repubblica, appartenente a quell’orda di democristiani estinti con Tangentopoli. La condanna principale è arrivata al termine del processo Enimont per finanziamento illecito ai partiti. Dal 2011, scontata la pena ha fatto richiesta di riabilitazione penale.
 
Ciriaco de Mita.jpgQuando si aprì l'inchiesta Tangentopoli, De Mita fu accusato dei finanziamenti illeciti confessati da Severino Citaristi, il tesoriere del partito. Grazie all'amnistia del 1990, avendo lasciato la segreteria DC nel 1989, non dovette subire le conseguenze penali del processo e fu tra i pochi politici italiani di spicco a uscire senza condanne dall'inchiesta. A essere condannato per la maxitangente Enimont[27] furono Forlani e Citaristi per il periodo non più coperto dall'amnistia.
Nel 1993 vicende giudiziarie legate a Tangentopoli coinvolsero il fratello Michele ed il cognato Francesco Scarinzi, provocando le dimissioni di De Mita dalla presidenza della Commissione bicamerale per le riforme elettorali.

Le raccomandazioni e il clientelismo[modifica | modifica wikitesto]

Ciriaco De Mita stringe la mano a Bettino Craxi, 1985
Da più voci è stato accusato di aver applicato con disinvoltura la pratica delle raccomandazioni e del clientelismo[28][29][30] politico, favorendo l'ingresso in aziende pubbliche di amici e clienti.
Su stessa ammissione di Clemente Mastella, la sua assunzione alla Rai fu agevolata da una raccomandazione di De Mita. La redazione locale ove Mastella prese servizio proclamò tre giorni di sciopero contro l'ingresso in ruolo di un giornalista assunto senza regolare concorso e per nomina politica diretta[31][32].
Sempre su segnalazione di De Mita entra in Rai nel 1983 Francesco Pionati[26], oggi deputato. Nel maggio 2011 Antonia De Mita, figlia di Ciriaco, racconta sulla sua pagina facebook a proposito del deputato Francesco Pionati:
« Entrò in Rai con una pedata nel sedere atomica di mio padre, dal quale era sempre in coda a chiedere favori[33] »
Sempre su segnalazione di De Mita entra in Rai anche Gigi Marzullo[26]. Quando nel 1988 Pippo Baudo restò fuori dalla tv, dopo la rescissione consensuale del suo contratto con la Fininvest, fu De Mita, legato al conduttore da amicizia, ad assicurargli il ritorno in Rai nonostante la contrarietà dell'allora direttore Biagio Agnes[34]. Come lo stesso De Mita ha dichiarato, fu lui a chiedere a Biagio Agnes che Beppe Grillo rimanesse in Rai dopo il pezzo che il comico genovese aveva portato al Festival di Sanremo contro i vertici del Partito Socialista Italiano[35].
Di nepotismo fu accusato dopo la nomina del nipote Giuseppe De Mita a Vice Presidente della Giunta Regionale della Campania[36]. Il nipote Giuseppe si è poi candidato alle elezioni politiche italiane del 2013 con la lista UDC, venendo eletto alla Camera[37][38].

Caso Parmalat e accusa di corruzione[modifica | modifica wikitesto]

De Mita è stato accusato di corruzione in un filone laterale dello scandalo Parmalat: De Mita, insieme con Calisto Tanzi, al presidente della regione Liguria Claudio Burlando, e all'ex presidente delle Fs Lorenzo Necci, è accusato per un presunto giro di tangenti pagate a politici dal gruppo di Collecchio per un progetto finalizzato alla costituzione di una joint venture fra la Cit Viaggi delle Ferrovie dello Stato e la Parmatour. L'ipotesi degli investigatori è che si sia tentato di scaricare sul partner pubblico i debiti del gruppo turistico della Parmalat. De Mita, che si proclama innocente, è stato chiamato in causa da Calisto Tanzi, a cui lo lega una stretta amicizia[39][40].

L'appartamento a Roma[modifica | modifica wikitesto]

Alla fine degli anni novanta De Mita venne rinviato a giudizio dal Tribunale dei ministri con l'accusa di avere utilizzato fondi neri del Sisde per ristrutturare l'appartamento in cui viveva in un palazzo settecentesco in via in Arcione a Roma, con vista sul giardino del Quirinale, ottenuto a equo canone dall'Inpdai quando era ancora segretario della Democrazia cristiana e presidente del Consiglio.
Nel luglio 2010 nacque una polemica relativa all'acquisto da parte di Ciriaco De Mita, insieme con la moglie e i figli Giuseppe e Antonia, dell'appartamento in via in Arcione a un prezzo molto inferiore a quello di mercato. De Mita acquistò il superattico su due piani di circa 550 metri quadrati più 200 metri quadrati di terrazzo per 3 milioni 415 mila e 700 euro dall'Inps, proprietaria dell'immobile in cui De Mita viveva in affitto dagli anni '80. Il Giornale stimò che in quella zona il prezzo al metro quadro delle abitazioni fosse di circa 15 mila euro, per cui l'ex Presidente del Consiglio avrebbe pagato l'appartamento un terzo del suo reale valore

Gava.jpgGià nei tempi della sua massima autorevolezza politica, gli anni ottanta, fu coinvolto in procedimenti penali sul coinvolgimento nel malaffare tra camorra e pubblica amministrazione. Il 30 marzo 1984, Antonio Gava venne interrogato dal giudice istruttore napoletano Carlo Alemi e dal collega Olindo Ferrone, in ordine alle promesse che suoi emissari avrebbero fatto a Cutolo detenuto: denaro; appalti e tangenti per la ricostruzione del dopo terremoto in Irpinia; trattamenti di favore dentro le carceri e trasferimenti da un penitenziario all'altro.
Al termine dell'istruttoria, lo stesso giudice istruttore, il 28 luglio 1988, depositò l'ordinanza di rinvio a giudizio di vari personaggi che sarebbero stati protagonisti della trattativa della Democrazia cristiana campana con la camorra di Raffaele Cutolo per addivenire ad una liberazione di Ciro Cirillo, rapito dalle Brigate rosse, in cambio di favori nella concessione di appalti pubblici. Antonio Gava, Flaminio Piccoli e Vincenzo Scotti furono indicati come i registi della trattativa. A sostegno dei suoi convincimenti il giudice nella sua ordinanza scriveva che effettivamente i politici, nonostante lo avessero sempre negato anche durante gli interrogatori, fecero delle promesse a Cutolo nel carcere di Ascoli Piceno, attraverso i servizi segreti e Francesco Pazienza, affinché intervenissero per salvare la vita a Cirillo.
L'inciampo dell'ordinanza, che accreditò la veridicità dell'ingresso nel carcere di Ascoli Piceno di un emissario di Vincenzo Scotti che positivamente quel giorno si dimostrò essere altrove, fu colto dalla Democrazia cristiana per travolgere nella condanna pubblica tutto il contenuto delle 1600 pagine dell'ordinanza Alemi: ne derivarono le dimissioni da direttore de l'Unità di Claudio Petruccioli (che aveva accreditato quell'incontro).
Il 25 maggio 1990 la Camera dei Deputati respinse (con 164 si, 310 no e 1 astenuto) una mozione di sfiducia presentata contro Gava da Partito Comunista Italiano e Sinistra Indipendente.
Nel 1993 Antonio Gava fu accusato di ricettazione e associazione mafiosa; è stato prescritto per il primo reato e assolto per il secondo. Per la ricettazione fu condannato a 5 anni in primo grado, a 2 anni in appello e in Cassazione scattò la prescrizione[2]. La seconda delle accuse vertenti sul suo capo ha invece una storia ben più complessa della precedente: nel 1993 Gava, capogruppo al Senato della Democrazia Cristiana, vide bussare alla porta di casa sua i Carabinieri che gli presentarono un mandato d'arresto con l'accusa di avere rapporti con la Camorra: Gava venne accusato di voto di scambio durante la campagna elettorale di quell'anno, reo di aver barattato voti finanche con loculi cimiteriali.
Essendo stato Ministro dell'Interno, chiese di essere portato al carcere militare di Forte Boccea nel quale passò tre notti; successivamente gli furono concessi gli arresti domiciliari che durarono dal settembre 1994 al marzo 1995. A seguito del suo arresto, Gava fu sospeso in via cautelare dal Consiglio dell'ordine degli avvocati al quale apparteneva. Dopo una traversìa giudiziaria durata tredici anni, il 19 maggio 2006 Gava venne definitivamente assolto in appello a causa di «mancata impugnazione». Le motivazioni della sentenza di assoluzione, tuttavia, confermano la contiguità di Gava con la camorra:
« Ritiene la Corte che risulti provato con certezza che il Gava era consapevole dei rapporti di reciprocità funzionali esistenti tra i politici locali della sua corrente e l'organizzazione camorristica dell'Alfieri, nonché della contaminazione tra criminalità organizzata e istituzioni locali del territorio campano; è provato che lo stesso non ha svolto alcun incisivo e concreto intervento per combattere o porre un freno a tale situazione, finendo invece con il godere dei benefici elettorali da essa derivanti alla sua corrente politica: ma tale consapevole condotta dell'imputato, pur apparendo biasimevole sotto il profilo politico e morale, tanto più se si tiene conto dei poteri e doveri specifici del predetto nel periodo in cui ricoprì l'incarico di ministro degli Interni, non può di per sé ritenersi idonea ed affermarne la responsabilità penale.
[...]
L'imputato aveva piena consapevolezza dell'influenza esercitata dalle organizzazioni camorristiche operanti in Campania sulla formazione e/o l'attività e del collegamento dei politici locali con i camorristi, sicché non potrebbe neanche ritenersi che egli si sia interessato della politica locale senza rendersi conto del fenomeno della compenetrazione della camorra nella vita politica, alla cui gestione avrebbero provveduto, a sua insaputa, gli esponenti locali della corrente [...] Appare evidente che la consapevolezza da parte dell'imputato dell'infiltrazione camorristica nella politica campana, insieme allo stretto rapporto mantenuto con gli esponenti locali della sua corrente e con le istituzioni politiche del territorio medesimo, nonché all'omissione dei possibili interventi di denuncia e lotta al sistema oramai instauratosi in zona, costituiscono elementi indiziari di rilievo da cui potersi dedurre la compenetrazione dell'imputato nel sistema medesimo, secondo quanto posto in rilievo dalla Pubblica Accusa [...] Il Gava non risulta essersi concretamente attivato, quale capocorrente della Dc o nelle sue funzioni ministeriali, per porre un argine al fenomeno della contaminazione politica da parte della criminalità nel territorio campano; come nessuna iniziativa ha adottato per la sospensione dei consiglieri comunali, di cui pur conosceva la contiguità alla camorra, sospensione resa possibile dalla Legge entrata in vigore quando era ancora ministro degli Interni. »
(Motivazioni della sentenza[2])
Nel corso degli interrogatori al pentito di camorra Pasquale Galasso il nome di Gava venne fuori diverse volte. Ecco una breve estrapolazione di un interrogatorio del 1993:
« Presidente Luciano Violante: E nessuno si era accorto che eravate là?
Pasquale Galasso: No; in quel momento venni a sapere da Alfieri e Alfieri dallo stesso Nuvoletta che non c'erano problemi, neanche per quanto riguardava le forze dell'ordine che lui riusciva a controllare, riusciva a darci tranquillità. La nostra perplessità derivava dal pericolo che durante le nostre riunioni potessero intervenire i carabinieri facendo accadere un marasma. Nuvoletta invece ci ha sempre tranquillizzati e talvolta io e Alfieri abbiamo visto, scendendo da Vallesana, la masseria dei Nuvoletta, qualche auto dei carabinieri appena fuori dell'abitazione di Nuvoletta. Quella per noi era la dimostrazione che Nuvoletta era ben protetto. Ricordo che all'epoca Nuvoletta era in stretto rapporto con un politico nazionale di grosso rilievo.
Presidente Luciano Violante: Chi era?
Pasquale Galasso: Gava. Questo perché se ne parlava durante le riunioni; talvolta io, Alfieri e qualche altro componente della sua organizzazione abbiamo pranzato con Lorenzo Nuvoletta su esplicita sua richiesta. Quindi se ne parlava perché vedevamo un'ostentata tranquillità a casa di Lorenzo Nuvoletta mentre a quell'epoca anche l'abitazione dell'ultimo malavitoso era soggetta a perquisizione. »
 
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grandi sgondi ai ippere

dario, usciamo... da  tran quoc  » 5 gen 2019, 9:24 ti faccio un regalo per la befana non disturbarti...manda un generoso bonifico  ...